Interlingua (glottodidattica)

Un'interlingua, in glottodidattica, è la lingua che viene sviluppata da un discente che sta imparando una seconda lingua ma non l'ha ancora pienamente acquisita; questi preserva alcune caratteristiche della lingua nativa nel parlare o nello scrivere nella lingua bersaglio, apportando anche delle 'innovazioni'.

Un'interlingua, peculiarmente basata sulle esperienze dei discenti di L2 (lingua seconda), può cristallizzarsi in qualsiasi fase del suo sviluppo. Il discente crea un'interlingua utilizzando diverse strategie come language transfer, ipergeneralizzazione e semplificazione.

Ciascuna fase di sviluppo è detta "varietà di apprendimento".[1]

Fondata sul presupposto secondo il quale vi sarebbe «una struttura psicologica latente nel cervello», l'interlingua viene attivata quando un individuo prova ad apprendere una seconda lingua.

Larry Selinker (1972) propose la teoria dell'interlingua dopo aver osservato che, in una data situazione, le espressioni prodotte dal discente differivano da quelle che i parlanti nativi avrebbero prodotto se avessero cercato di trasmettere lo stesso messaggio. Questo confronto rivela dunque un sistema linguistico separato, la cui presenza può essere constatata studiando le espressioni dei discenti che provano a riprodurre una norma della lingua bersaglio.

Per studiare i processi psicologici coinvolti, bisogna confrontare l'interlingua del discente con

  1. le espressioni prodotte nella lingua nativa 'dal discente' per trasmettere lo stesso messaggio;
  2. le espressioni prodotte nella lingua bersaglio 'dal parlante nativo' di quella lingua per trasmettere lo stesso messaggio.

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